Dopo lo spettacolare sollevamento dell’ultimo impalcato, una cerimonia alla quale ha preso parte anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, lo sguardo è puntato a luglio, il mese in cui il nuovo ponte di Genova dovrebbe essere completato e restituito alla città di Genova.
La conclusione delle pile e il completamento dell’impalcato, che ha raggiunto la lunghezza definitiva di 1.067 metri, anticipano l’ultimo miglio di una grande opera che sarà vissuta a 40 metri di altezza.
«Abbiamo ancora un po’ di giorni da vivere trattenendo il respiro – spiega Stefano Mosconi, l’ingegnere di Salini Impregilo che dirige il cantiere del ponte. – Se la costruzione del nuovo Ponte di Genova fosse una gara dei 100 metri piani, saremmo adesso allo scatto finale».
Questo scatto prevede il completamento di tutti gli impianti interni all’impalcato oltre alla realizzazione della strada dove dovranno correre gli autoveicoli una volta che il ponte sarà inaugurato. Si tratta di lavori complessi per i quali Salini Impregilo, che sta realizzando l’opera insieme a Fincantieri, ha messo in campo lo stesso modello organizzativo che fino ad oggi ha permesso di bruciare i tempi di realizzazione di quest’opera.
A che punto è il nuovo ponte di Genova
Il completamento di tutti gli impalcati, alcuni dei quali sono stati varati non interamente attrezzati per il peso eccessivo che avrebbero raggiunto, permette adesso agli uomini impegnati nel cantiere di adagiare il ponte sugli appoggi definitivi posizionati in testa alle pile.
La posizione definitiva del ponte sarà infatti 25 centimetri più bassa di quella attuale, un’operazione complessa al termine della quale il ponte sarà anche centrato termicamente. Solo una volta posizionata la grande campata nella sua posizione definitiva, si potrà procedere con la posa del calcestruzzo armato, un getto che avrà uno spessore di 21 centimetri e che farà da base al calcestruzzo della soletta vera e propria.
«Per posare il calcestruzzo armato – spiega Stefano Mosconi – saranno necessari circa dieci giorni di lavoro, 24 ore su 24. Queste attività ci permetteranno di realizzare quella che chiamiamo la schiena del ponte, dove poi correranno le automobili. La parte più visibile dell’infrastruttura, che permetterà finalmente ai genovesi di utilizzare questo bellissimo ponte».
Questa fase delle lavorazioni sarà particolarmente complessa perché implicherà la partecipazione di centinaia di operai, impiegati nello stesso tempo su più fronti di lavoro, squadre che procederanno da Levante e da Ponente per incontrarsi al centro del ponte. Tutto questo mentre il cantiere continua a lavorare nel rispetto delle più rigorose misure di sicurezza per contrastare qualunque rischio di contagio dal Covid-19.
Obbligo di rispettare le distanze di sicurezza, rilevamento della temperatura con i termo scanner posizionati in tutti gli ingressi del cantiere, distribuzione di disinfettanti per le mani, oltre naturalmente alla pulizia e alla sanificazione degli ambienti di lavoro, sono parte delle misure adottare in questi giorni che hanno permesso al cantiere di continuare a lavorare senza interruzioni anche durante la crisi del Coronavirus.
Voci dal Ponte – La serie podcast dedicata al nuovo Ponte di Genova
Il completamento degli impianti
Il lavoro all’aperto correrà di pari passo con il completamento degli impianti che sono stati raccolti tutti all’interno dell’impalcato, in modo da salvaguardare la bellezza estetica dell’opera.
Smaltimento e trattamento delle acque piovane, deumificazione dell’aria, sensori che monitorano la tenuta della struttura, accompagnati da robot che gestiscono la manutenzione e puliscono i pannelli fotovoltaici: tutto queste dotazioni altamente tecnologie sono in via di realizzazione all’interno degli impalcati.
«Una decisione non casuale – spiega Francesco Poma, ingegnere di Salini Impregilo e project manager di PerGenova – ma nata da un’esigenza estetica espressa dallo stesso architetto Renzo Piano: nascondere tutti gli impianti gestionali per consegnare a Genova e ai viaggiatori un’infrastruttura unica per la sua bellezza».
All’interno di questi vani nascosti negli impalcati si muovono i robot: i robot wash, incaricati di lavare i pannelli solari e la superficie esterna dell’impalcato; e i robot inspection, modelli particolarmente innovativi di macchine che correranno su binari per tutta la lunghezza del ponte monitorandone le condizioni. Ogni ciclo di ispezione di questi robot dura 15 ore nel corso delle quali la macchina è in grado di scattare 15.000 immagini alla struttura e di segnalare alla centrale operativa qualunque cambiamento di stato.
La vestizione del ponte e la fine dei lavori al Ponte di Genova
Una volta terminata la posa del calcestruzzo in quota, i lavori saranno dedicati alla cosiddetta vestizione del ponte. Si comincerà così dai marciapiedi laterali e centrali e da lì si passerà all’istallazione dei pannelli di vetro. Questi pannelli saranno alti due metri e mezzo in modo da rispondere ad una doppia esigenza: da un lato di sicurezza (i pannelli sono stati testati al Politecnico di Milano affinché possano sostenere i forti venti della valle del Polcevera) e dall’altro di bellezza estetica.
«Oltre ai vetri – prosegue Mosconi – ci occuperemo del montaggio dei pannelli fotovoltaici, che assicureranno la quasi totalità dell’approvvigionamento energetico del ponte, a partire dall’alimentazione necessaria per far funzionare l’impianto di deumidificazione presente all’interno degli impalcati. I lavori andranno avanti anche con la posa delle canalette di drenaggio, delle canalette portacavi, della guaina impermeabilizzante, delle barriere di sicurezza laterali e centrali, per giungere infine alla stesa. Tutto questo sarà possibile solo grazie ad una organizzazione molto spinta delle quasi quaranta squadre al lavoro in contemporanea ed oltre 150 persone tra operai e tecnici che dovranno operare in perfetto coordinamento come musicisti di una orchestra, per giungere in tempi record ed in piena sicurezza alla completa vestizione del ponte».
L’ultimo passaggio prima del collaudo finale sarà il montaggio dei 22 pennoni ideati per illuminare in modo scenografico l’infrastruttura. Ognuno di questi pennoni è alto 28 metri, più di un palazzo di cinque piani, e la forma affusolata ricorda proprio quella dell’albero di una nave. Una nave sospesa nella valle del Polcevera.