Per alcuni è stato il ponte più difficile al mondo da costruire; per altri, un’opera complessa nella quale convivono ambizioni architettoniche e tecniche ingegneristiche; per altri ancora, una delle tante sfide infrastrutturali lanciate da Abu Dhabi nel tentativo di diventare un simbolo di sviluppo urbano per gli Emirati Arabi Uniti e per il mondo.
In realtà lo Sheik Zayed Bridge, il ponte lungo 842 metri a nord del canale di Maqta, è tutte queste cose insieme. Zaha Hadid, la celebre architetta irachena deceduta nel marzo del 2016 e prima donna a vincere il prestigioso premio Pritzker, lo ha progettato proprio immaginandolo come un’opera unica e insieme un traguardo dell’ingegneria capace di attirare la curiosità del mondo sul piccolo Emirato.
E così è stato perché da quando è stato inaugurato, il ponte intitolato all’Emiro Zayed, considerato il “padre della patria”, è a tutti gli effetti la porta d’accesso alla città e – insieme ad altre opere come il Louvre o il circuito di Formula 1 – è presto divenuto un simbolo di Abu Dhabi nel mondo.
Il ponte di Abu Dhabi: l’inizio di un’opera impossibile
L’anno zero di questa grande opera è il 2003. È questo l’anno in cui viene posta la prima pietra per la costruzione dello Sheikh Zayed Bridge. Nonostante tutti, a partire dal committente, fossero consapevoli della complessità del progetto, nessuno avrebbe mai immaginato che il completamento dell’opera sarebbe stato rinviato per tre volte e che – insieme ai tempi delle lavorazioni – sarebbero aumentati considerevolmente anche i costi.
Gran parte della complessità è insita nella stessa forma del ponte di Abu Dhabi. La silhouette ricorda quella di tre dune del deserto. La struttura raggiunge infatti i 60 metri di altezza, sul picco delle dune, per iniziare subito dopo la sua discesa verso il mare. Un movimento che si ripete per tre volte. Il risultato è un’onda sinusoidale che parte da una spiaggia, si immerge due volte nel mare, e finisce su un’isola.
La complessità è stata anche nella preparazione delle fondamenta del ponte, per le quali è stato prima isolato il braccio di mare e poi allestito un ponte parallelo sul quale lavorare.
Quello che doveva nascere era un ponte bello ma allo stesso tempo solido e innovativo, progettato per resistere a temperature che vanno da 0 a 60 gradi Celsius, raffiche di vento fino a 160 km/h e forti terremoti. Non solo: le pile dei canali di navigazione dovevano essere così forti da reggere l’urto di una chiatta pesante 1.200 tonnellate.
Tutto questo è stato pensato nel progetto originario e trasformato in realtà dai 2.500 operai che hanno lavorato al cantiere. L’obiettivo per tutti era realizzare un’opera capace di unire insieme un’architettura unica alle più elevate tecniche ingegneristiche, un progetto altamente sfidante supervisionato in ogni fase della costruzione da Zaha Hadid che ha seguito i lavori in ogni minimo dettaglio, a partire dalla scelta dei colori con cui dipingere gli archi e i basamenti.
Il ponte di Zaha Hadid, un’opera cartolina per lo sviluppo di Abu Dhabi
La parola fine alla costruzione del ponte viene messa il 25 novembre del 2010, quando lo Sheikh Zayed Bridge viene inaugurato alla presenza del Presidente degli Emirati Arabi Uniti, Sheikh Khalifa. Dalla fine dei lavori e dall’entrata in funzione del ponte è stato subito chiaro a tutti che l’infrastruttura non avrebbe avuto solo una utilità in termini di trasporto urbano, ma anche un peso in termini di immagine che l’Emirato voleva diffondere all’esterno.
L’opera in sé ha comunque un valore strategico per la mobilità cittadina. Le otto corsie stradali del ponte (quattro per senso di marcia) assicurano il passaggio di 16.000 veicoli all’ora, che impiegano 15 minuti in meno per raggiungere il centro di Abu Dhabi dall’aeroporto internazionale. Per aumentare l’impatto dell’opera, l’Emirato ha avviato anche la costruzione di una strada costiera che, passando proprio sul ponte, collegherà l’area periferica con la “Corniche”, il centro di Abu Dhabi.
L’eredità di Zaha Hadid sulle grandi opere
Non è un caso se Abu Dhabi ha chiamato proprio Zaha Hadid per progettare il ponte simbolo dell’Emirato. L’architetta irachena, conosciuta nel mondo per i suoi progetti complessi e altamente innovativi, ha raccolto la sfida immaginando due possibili soluzioni architettoniche. Un primo progetto chiamato “zig-zag” e un secondo chiamato “dune di sabbia”. L’idea del progetto approvato era quella di simboleggiare le dune di sabbia del deserto, ma allo stesso tempo di tracciare con la silhouette delle dune un arco che fosse considerato la porta d’ingresso alla città. Così è nato il disegno dello Sheikh Zayed Bridge che interpreta alla perfezione la filosofia dell’architetta nata a Baghdad e inserita nel 2010 da Time tra le 100 personalità più influenti al mondo. Tra le sue opere più note il MAXXI, il nuovo centro per le arti contemporanee costruito a Roma, il Centro Culturale Heydar Aliyev di Baku, in Azerbaigian, o ancora il Centro scientifico di Phaeno in Germania. Tutte opere che, come il ponte dello Sceicco di Abu Dhabi, hanno contribuito a imprimere un nuovo volto ai territori e alla città dove sono state realizzate.