“Vulnerabile!”. Per oltre una settimana l’America ha fatto i conti con le debolezze del proprio sistema energetico, dall’insufficiente protezione dei gasdotti alla necessità di miglioramenti e nuove infrastrutture per la rete elettrica. L’attacco informatico alla Colonial Pipeline, avvenuto il 7 maggio scorso, ha portato sotto i riflettori una situazione per la quale sono stati prodotti studi approfonditi e presentate proposte di intervento sia federali che statali, ma che non hanno trovato finora una completa risposta, soprattutto sul piano politico.
L’attacco hacker che ha bloccato il grande oleodotto
Gli americani hanno dovuto fare i conti, questa volta, con l’interruzione dell’oleodotto lungo quasi 9.000 chilometri (5.500 miglia) che, fra benzine raffinate e diesel, trasporta 3 milioni di barili di carburante al giorno da Houston a New York. La Colonial Pipeline, di proprietà privata (il maggiore azionista è con il 28% del capitale la Koch Industries, dell’omonima famiglia), ha risposto all’attacco ransomware interrompendo il sistema informatico per ripulirlo dall’intrusione e poi rimetterlo in funzione e riavviarlo alla normale fornitura, dopo aver pagato il 13 maggio agli hackers DarkSide un riscatto, stimato dai media statunitensi in 5 milioni di dollari.
La maggiore capacità di raffinazione degli Stati Uniti si trova sulla costa del Golfo e con ben 8,4 milioni sui 15 milioni di barili di petrolio greggio raffinati ogni giorno, e tutto l’Est americano ne è strettamente dipendente. L’attacco e l’interruzione del servizio della più importante via di trasporto di carburante hanno immediatamente provocato aumenti dei prezzi della benzina per autoveicoli e aerei fino a livelli 2014, rimbalzi in Borsa per i titoli delle società energetiche, ritardi e disservizi nel sistema distributivo dei prodotti di consumo, difficoltà nelle reti idriche ed elettriche, con ricadute sui servizi pubblici di base.
Energia, una rete vulnerabile
La vulnerabilità agli attacchi informatici alla rete che trasporta l’elettricità ai consumatori americani è da anni sotto l’attenzione del Dipartimento di Energia (DOE), soprattutto per la crescente dipendenza dalle tecnologie di monitoraggio e controllo. Secondo Digital Shadows, una società di sicurezza informatica con sede a Londra, interpellata dalla BBC, l’intrusione da parte di hackers ai danni di industrie private ha registrato un aumento a causa della pandemia Covid-19 che ha costretto i servizi IT a concedere l’accesso a distanza dei propri tecnici, indebolendo di fatto i sistemi di protezione della rete aziendale.
Il Dipartimento di Energia ha concentrato finora i propri sforzi sui rischi che devono affrontare i sistemi di generazione e trasmissione della rete, ma dopo l’attacco alla Colonial Pipeline si è visto che l’anello debole è il sistema di distribuzione, anche perché le utility americane non sono generalmente soggette a standard federali obbligatori di sicurezza informatica.
Già una decina di giorni prima dell’intrusione nella rete Colonial e in coincidenza con altri attacchi informatici alla compagnia hitech SolarWinds e al server Microsoft Exchange, la Segretaria dell’Energia Jennifer M. Granholm aveva annunciato un piano di 100 giorni per rafforzare i sistemi di sicurezza per l’infrastruttura elettrica del paese. «Gli Stati Uniti – affermava Granholm in una nota – devono affrontare una minaccia informatica ben documentata e in aumento da parte di malintenzionati che cercano di interrompere l’elettricità a cui gli americani fanno affidamento per alimentare le case e le attività. Spetta sia al governo che all’industria prevenire possibili danni, ecco perché stiamo lavorando insieme per adottare queste misure decisive in modo che gli americani possano avere un sistema energetico resiliente, sicuro e pulito».
Un annuncio che ha fatto seguito alle critiche sul fatto che nel piano Jobs Act sul rilancio delle infrastrutture americane non siano evidenti titoli di spesa specifici sulla sicurezza della rete elettrica contro i rischi di hackeraggio. Titoli che, a questo punto, potrebbero essere inseriti durante il percorso che il piano sta affrontando per avere l’approvazione del Congresso americano.
Difendere le infrastrutture vitali per il Paese
Lo stesso Presidente Joe Biden ha rimarcato l’esigenza di un rapporto più stretto tra pubblico e privato per la difesa delle infrastrutture vitali per il Paese.
«La mia amministrazione – ha detto il giorno in cui il gasdotto è stato riavviato – continua a salvaguardare la nostra infrastruttura critica, la maggior parte della quale è di proprietà e gestita da privati, come Colonial Pipeline. Le entità private sono responsabili della propria sicurezza informatica e hanno bisogno di maggiori investimenti del settore privato nella sicurezza informatica. Ed è per questo che ad aprile abbiamo lanciato una nuova iniziativa pubblico-privato che si concentra sul rafforzamento della sicurezza informatica nel settore elettrico per il gas naturale, per i gasdotti, nonché per i sistemi idrici e altri settori vitali».
La sicurezza anti-hackers degli impianti potrebbe dunque trovare spazio nel programma per l’energia pulita e la lotta al cambiamento climatico sul quale la Casa Bianca si sta impegnando. Sul proprio sito è stata pubblicata, tra l’altro, una ricerca dell’organizzazione Americans for a Clean Energy Grid dal titolo “Progetti di trasmissione pronti a partire: collegamento alle risorse rinnovabili inutilizzate dell’America” (Transmission Projects Ready to Go: Plugging into America’s Untapped Renewable Resources).
Il progresso dei 22 progetti di trasmissione ad alta tensione identificati nel rapporto determinerebbe investimenti per 33 miliardi di dollari e creerebbe circa 600.000 nuovi posti di lavoro, inclusi 240.000 posti di lavoro diretti più 360.000 posti di lavoro indiretti e indotti. L’impiego di energia eolica e solare consentito da questo investimento potrebbe creare ulteriori 640.000 posti di lavoro, portando il vantaggio totale in termini di creazione di posti di lavoro a circa 1.240.000 posti di lavoro.
Investimenti necessari per rilanciare le infrastrutture energetiche
L’ultima fotografia sulle infrastrutture dedicate all’energia è stata scattata dall’American Society of Civil Engineers (ASCE) nel rapporto 2021 che assegna il voto “C” – in miglioramento rispetto al D+ di quattro anni fa, ma ancora inferiore alla sufficienza – malgrado si registri un aumento delle spesa annuale per le linee di trasmissione ad alta tensione da $15,6 miliardi nel 2012 a $21,9 miliardi nel 2017. Il documento indica inoltre una crescita della spesa annuale per i sistemi di distribuzione – il cosiddetto “ultimo miglio” della rete elettrica – del 54% negli ultimi due decenni.
Secondo l’ASCE, le utility sono oggi più attive nel rafforzamento della rete elettrica attraverso misure di resilienza. Tuttavia, il clima rimane una minaccia crescente. Nei 638 eventi di interruzione della trasmissione segnalati dal 2014 al 2018, il maltempo è stato citato come causa predominante, anche perché molte delle 8.625 centrali elettriche della nazione sono state deliberatamente costruite vicino alle coste per avere accesso all’acqua. Di conseguenza, quando gli uragani colpiscono, le centrali elettriche subiscono danni significativi anche dalle inondazioni.
«Nei prossimi anni – sostiene l’ASCE – saranno necessarie ulteriori infrastrutture di trasmissione e distribuzione, una pianificazione intelligente e una maggiore affidabilità per adattarsi al panorama energetico in evoluzione e all’incremento delle energie rinnovabili».
Un incremento già in atto, visto che la produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili è passata dal 18% nel 2019 al 20% nel 2020 e dovrebbe salire al 22% nel 2021, continuando a espandere il proprio vantaggio sul carbone (20,1%).
La spina dorsale elettrica americana dipende da un vecchio e complesso mosaico di impianti di generazione di energia, 600.000 miglia di linee di trasmissione (240.000 miglia delle quali sono considerate linee ad alta tensione) e circa 5,5 milioni di miglia di linee di distribuzione locali che operano all’interno di giurisdizioni normative federali, statali e locali. E la maggior parte della rete nazionale sta invecchiando, con alcuni componenti che hanno più di un secolo, ben oltre la loro aspettativa di vita di 50 anni.
Per contro, per la prima volta dal 1957 la produzione di energia degli Stati Uniti ha superato il consumo energetico annuale, con una rete sempre più sotto sforzo. La Casa Bianca, che valuta in 70 miliardi di dollari il costo annuale delle interruzioni di corrente, ha inserito nel Jobs Act un investimento complessivo di 100 miliardi sul sistema elettrico nazionale, il quale – stando alle analisi degli ingegneri dell’ASCE – registra un fabbisogno di infrastrutture stimato in 208 miliardi di dollari entro il 2029 per avere un buon grado di affidabilità ed evitare blackout e crisi di approvvigionamenti energetici come quello del febbraio scorso in Texas.