La sindaca di Parigi Anne Hidalgo ha promesso ai suoi cittadini la “15-minute city”, una città in cui quasi tutto è raggiungibile in 15 minuti; i sindaci di Milano e Los Angeles puntano invece alla “green recovery” con l’intenzione di trasformare le due città in un esempio da seguire all’interno del C40, il club delle 40 metropoli più sostenibili al mondo. Tre prove di rigenerazione urbana, tre esempi di rinnovamento delle prassi di sviluppo delle grandi metropoli in chiave sostenibile, che raccontano come città, metropoli e megacity siano ormai chiamate alla sfida più difficile: ridisegnare il proprio volto dopo il Covid-19.
Le strade vuote imposte dalla pandemia, le serrande dei negozi abbassati, i cinema e i teatri vuoti così come i mezzi pubblici svuotati, hanno acceso un dibattito internazionale anche sul ruolo delle città nel futuro e su come assicurarne la crescita seguendo modelli integrati con l’ambiente.
Oggi le città occupano appena il 3% della superficie terrestre, eppure ospitano il 55% della popolazione globale, sono responsabili del 60% delle emissioni inquinanti e producono il 70% di rifiuti solidi. In Europa, vivono in zone urbane circa tre quarti dell’intera popolazione.
Non è un caso allora che oltre un terzo delle risorse previste dal Next Generation EU, il piano europeo per la rinascita dal Covid-19, sarà destinato proprio a programmi legati alla tutela del clima e alla rigenerazione, urbana e industriale.
Un’Europa delle città: l’appello di Ursula von der Leyen
Il 16 settembre scorso, nel pieno della crisi del Covid-19, l’Unione europea ha messo ufficialmente al centro delle sue politiche la rigenerazione urbana.
Nel suo primo discorso sullo Stato dell’Unione, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha lanciato un «nuovo Bauhaus europeo», un piano di sviluppo urbano focalizzato su città ed edifici sostenibili.
«La mia speranza – ha dichiarato Ursula von der Leyen – è che il Next Generation Eu sia un punto di partenza per lanciare un’ondata di rinnovamento in Europa e rendere la nostra Unione un leader nell’economia circolare. Ma questo non si applica solo ai progetti economici e ambientali: l’obiettivo è quello di dar vita a un nuovo progetto culturale».
La capacità di raggiungere l’ambizioso obiettivo dell’Unione di diventare un continente “climate-neutral” entro il 2050 dipende proprio dal successo di una rivoluzione che passa attraverso la rigenerazione urbana.
La storia della rigenerazione urbana europea inizia da lontano. Prima nel 2007 con l’approvazione del cosiddetto Leipzig Charter, un piano per lo sviluppo sostenibile dei centri urbani, quindi con la Dichiarazione di Toledo del 2010, l’Agenda Territoriale del 2011 e il Patto di Amsterdam del 2016 attraverso il quale è stato annunciato per la prima volta l’obiettivo di ricostruire ogni anno il 2% degli edifici cittadini presenti nel continente.
Il primo strumento finanziario per raggiungere questi obiettivi è l’European Regional Development Fund, un fondo con una dotazione di 200 miliardi di euro da spendere tra il 2014 e il 2020. Circa il 50% delle risorse di questo fondo è speso proprio nei centri urbani e finalizzato a progetti di integrazione e rigenerazione.
L’Italia è la seconda destinazione in Europa, dopo la Polonia, per le risorse dell’European Regional Development Fund, ed è anche uno dei primi paesi interessati dall’Urban Innovative Actions, un altro fondo europeo dedicato proprio ad affrontare le principali sfide urbane. Per il quinquennio 2015-2020 questo fondo ha messo a disposizione un budget di 371 miliardi di euro, con 86 progetti divisi in 20 paesi. Rispetto al totale 13 di questi progetti sono stati realizzati proprio in Italia.
Il Recovery Plan per la rigenerazione urbana: il caso di Spagna e Portogallo
All’interno dell’Unione europea molti paesi hanno già svelato le linee guida degli investimenti assicurati dal Next Generation Eu, e molti dei progetti annunciati avranno come pilastro proprio la rigenerazione urbana. Così, nell’ambito del Recovery Plan che il governo spagnolo ha presentato all’Unione europea, uno spazio significativo è dedicato proprio alla rigenerazione urbana. Le linee guida per spendere i fondi europei tra il 2021 e il 2023 includono infatti l’agenda urbana, che passa per l’ammodernamento di molti edifici, la realizzazione di infrastrutture sostenibili, il lancio di programmi improntati alla costruzione di edifici “green”.
Ancora più della Spagna, il Portogallo ha riservato agli interventi destinati alle città una parte considerevole del piano di sviluppo europeo. Il 64% dei fondi del Recovery and Resilience Plan saranno infatti investiti proprio nella realizzazione di abitazioni sostenibili.
Il mondo sarà delle città
L’impegno dell’Unione europea nell’elaborare e mettere a disposizione le risorse necessarie per assicurare uno sviluppo urbano sostenibile nasce dalla consapevolezza del ruolo crescente delle metropoli non solo come accentratori di persone, ma anche come hub produttivi destinati a diventare i propulsori della ripresa economica.
Secondo l’OCSE entro i prossimi 10 anni, 500 città al mondo supereranno il limite del milione di abitanti. Sempre nel 2030 saranno 41 le megacity con una popolazione di oltre 20 milioni di abitanti, mentre nel 2050 il 70% della popolazione globale vivrà all’interno delle aree urbane.
Alla luce di questa inevitabile trasformazione, le metropoli devono essere ripensate affinché il boom demografico venga accompagnato da uno sviluppo sostenibile che tocchi tutti gli ambiti della vita cittadina, dalle infrastrutture agli edifici. Mobilità sostenibile, edifici verdi, scuole e ospedali sicuri diventano così i pilastri di un modello nuovo di intendere la convivenza nei grandi centri abitati.