Jeffrey Sachs: Sviluppo e sostenibilità, è ora di cambiare rotta

Intervista all’economista statunitense Direttore del Center for Sustainable Development alla Columbia University

Economista e saggista statunitense. Tra il 2002 e il 2016 Direttore dell’Earth Institute e oggi Direttore del Center for Sustainable Development della Columbia University. È stato Presidente del UN Sustainable Development Solution Network e consigliere speciale dei Segretari Generali dell’Onu Kofi Annan e Antonio Guterres. Nel 2004 e nel 2005 è stato inserito da Time tra le 100 personalità più influenti al mondo.

Jeffrey Sachs

Infrastrutture, sostenibilità, futuro e giovani talenti. Jeffrey Sachs, economista, professore alla Columbia University, più volte definito uno dei 100 uomini più influenti del mondo, affronta i temi del cambiamento partendo proprio dalle infrastrutture del futuro. «Abbiamo bisogno principalmente di due generi di investimenti infrastrutturali – dichiara nell’intervista rilasciata a Webuildvalue. – Il primo necessario per trasformare il nostro sistema energetico, passando dai combustibili fossili all’energia pulita. E lo dobbiamo fare prima di tutto per proteggere il clima. Il secondo deve invece essere indirizzato a un maggiore sviluppo delle tecnologie digitali. Siamo nel bel mezzo di una rivoluzione digitale che sta cambiando anche il modo stesso di lavorare, di fornire servizi, di gestire il commercio, l’intrattenimento, e ogni area dell’economia. Abbiamo quindi bisogno di avere un accesso universale a servizi digitali di alta qualità, un sistema energetico “green”, oltre a portare avanti la trasformazione delle nostre città, riqualificandole, in modo che possano diventare luoghi migliori dove lavorare e dove vivere. Credo che sia questo il focus dei prossimi anni».

 

L’Unione europea ha sostenuto in modo massiccio i paesi membri con il programma Next Generation EU. All’interno del programma di investimenti la maggior parte dei fondi sono destinati alla sostenibilità e alla diversificazione energetica. Quanto è importante oggi la sostenibilità anche per la ripresa economica?

«Possiamo spendere tanti soldi, ma nel modo sbagliato. Dobbiamo pertanto assicurarci che gli investimenti vengano destinati al benessere del genere umano. Ad esempio, alla luce della crisi climatica, dobbiamo fare in modo che gli investimenti accelerino la trasformazione energetica. Questo significa che l’energia deve essere prodotta principalmente da fonti rinnovabili, come l’idroelettrico, l’eolico o il solare. Un ragionamento che vale per tutti i settori, dalle auto elettriche all’economia digitale, fino ai nuovi modelli di trasporto pubblico. I modi di vivere e di lavorare stanno cambiando. Trascorreremo molto meno tempo in ufficio, tante persone lavoreranno a casa, magari facendo riunioni via Zoom dai tavoli di un bar. È evidente che le persone hanno bisogno di maggiore flessibilità nella loro vita. Il Covid è stato uno shock terrificante, ma ci ha anche mostrato nuovi modelli di vita e di lavoro. Più tempo trascorso nei nostri quartieri, e meno tempo nel congestionamento cittadino».

 

La mobilità sostenibile concilia le esigenze di trasporto con i modelli sostenibili, penso ad esempio ai treni e alle metropolitane. Crede in questo genere di sviluppo?

«Io sono un cittadino di Manhattan, vivo a New York e sono orgoglioso di non possedere un veicolo. Credo che il car sharing, i veicoli elettrici, ma anche il trasporto multimodale, i treni veloci, i tram, le metropolitane siano modalità di trasporto che avranno sempre più un senso nel futuro.

Personalmente credo che stiamo andando verso un’era dove le automobili saranno sempre meno usate. Questo renderà le nostre città molto più “verdi”».

 

Crede che i Sustainable Development Goals delle Nazioni Unite saranno raggiunti?

«Sono convinto che i Sustainable Development Goals che, tra le altre cose, puntano a sconfiggere la povertà, la fame, ad assicurare l’educazione scolastica ai bambini, l’accesso per tutti alle cure, ma anche energia pulita per tutti, possano essere raggiunti. Oggi il maggior ostacolo è la scarsità di risorse finanziarie da parte dei paesi poveri, e quindi le prime nazioni che stanno raggiungendo gli Sdg sono quelli più ricchi. Per questo, quando con i miei colleghi controllo il ranking mondiale, quello che salta agli occhi è che il primo posto, quest’anno, è occupato dalla Finlandia. Seguita da Norvegia, Danimarca e Svezia. I soliti sospetti. Ovvero quei paesi che stanno veramente compiendo passi da gigante verso uno sviluppo sostenibile, che poi crea economie “green” e una profonda inclusione sociale».

 

I cambiamenti climatici e i danni che questi provocano ci stanno dimostrando che inseguire uno sviluppo sostenibile è oggi una priorità?

«Gli investimenti vanno fatti adesso, perché ogni anno registriamo più incendi nelle foreste, più inondazioni, più siccità, più ondate di calore, più uragani. Abbiamo avuto persone morte nei sottoscala a New York City per via delle inondazioni. E questo è incredibile. Dobbiamo aprire gli occhi e svegliare i nostri governanti. I giovani lo hanno capito benissimo e ci dicono: questo è il nostro secolo, smettete di distruggere il pianeta. Anche i governi hanno cominciato a imparare la lezione sostenendo le politiche “green”. Ad oggi l’agenda “verde” occupa la politica internazionale e in questo senso l’Europa sta facendo un ottimo lavoro, così come la Commissione Europea guidata da Ursula von der Leyden. O ancora il vice presidente dell’Unione, Franx Timmermans, sta sostenendo moltissimo gli sforzi per rendere i paesi membri più sostenibili».

 

Lei insegna alla Columbia University e ha a che fare quotidianamente con i giovani. Quanto conta la ricerca dei talenti nella capacità di essere competitive delle grandi aziende?

«Uno dei fattori che rende le grandi aziende più responsabili nell’agenda mondiale dello sviluppo sostenibile nasce proprio dal fatto che gli studenti più talentuosi cercano aziende innovative, che non inquinano l’ambiente. I ragazzi vogliono lavorare per un’azienda in cui credono. Quando i grandi gruppi industriali vengono nei nostri campus, si rendono conto che devono cambiare le loro politiche e che la retorica delle buone parole non basta. Tutte le aziende si definiscono sostenibili, perfino i produttori di petrolio. E le posso assicurare che non lo sono. Ma lo dicono perché hanno imparato che questo è il modo per attrarre talenti».

 

Quindi questa è la strada per attrarre i migliori talenti?

«Non c’è dubbio. E i giovani ormai lo sanno. Sono cittadini del mondo, e sanno benissimo che i cambiamenti climatici possono rappresentare la loro rovina. Chi nasce oggi attraverserà tutto il 21° secolo con buone probabilità di arrivare al 22°. Se non cambiamo rotta, il prossimo sarà davvero un secolo folle. I giovani lo sanno. E in definitiva sarà proprio questo cambio di generazione a guidare le scelte politiche del domani».