Per molti è il nuovo oro dell’energia mondiale. Un bene divenuto ancora più prezioso dopo l’invasione russa dell’Ucraina e lo stop alle forniture di gas russo all’Europa. E così il gas naturale liquefatto (GNL) può diventare la risposta del Vecchio Continente alla crisi energetica che sta facendo esplodere i costi energetici e rischia di obbligare milioni di persone a un inverno più freddo e naturalmente più povero.
Dall’Italia alla Francia, dalla Germania alla Spagna i grandi paesi europei si sono mossi per aprire nuovi canali di scambio con i produttori a partire dal Qatar (dove si trova il più grande giacimento al mondo) fino agli Stati Uniti.
Il tema però non riguarda solo la materia prima, ma le infrastrutture in grado di gestirla, accoglierla e trasportarla. Dalle navi ai porti si apre una nuova stagione di investimenti necessari per completare la trasformazione energetica che dai gasdotti storici, per anni protagonisti delle forniture provenienti soprattutto dalla Russia, passa appunto ai nuovi mezzi utili per trasformare il gas liquido e da lì trasportarlo nelle città.
I padroni del gas naturale liquefatto
Negli ultimi mesi i governi europei hanno avviato consultazioni e confronti diplomatici con i paesi leader nelle esportazioni di gas liquido. Secondo le statistiche internazionali, nel 2021 Australia e Qatar hanno dominato il mercato assicurando il 40% del totale dei carichi che hanno attraversato i mari (78,5 milioni di tonnellate l’Australia e 77 milioni il Qatar). Subito alle spalle gli Stati Uniti d’America che invece hanno esportato 67 milioni di tonnellate di gas liquefatto, 16 milioni delle quali finite proprio nel Vecchio Continente.
Nel 2022 l’impegno degli Usa per rifornire l’Europa è cresciuto. Nel marzo scorso il presidente americano Joe Biden ha firmato un accordo con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen che impegna Washington a fornire più gas all’Europa. E infatti nei primi sei mesi del 2022 i carichi provenienti dall’America avevano già superato il totale del 2021. Gli Stati Uniti puntano così a sostituire la Russia e infatti secondo un report dell’Ewi, l’Istituto di studi economici sull’energia dell’Università di Colonia, gli Usa potrebbero arrivare nel 2030 a esportare 110 milioni di tonnellate l’anno di gas, il 90% del gas che Mosca vendeva all’Europa prima dello scoppio della guerra. In questo scenario anche il Qatar gioca una partita importante nonostante il suo mercato tradizionale sia il Sud-Est asiatico dove oggi vende la quasi totalità del suo gas.
L’Europa al mercato mondiale del gas
La rottura quasi totale delle relazioni diplomatiche con la Russia ha tolto all’Europa il suo più importante fornitore di gas. Per questo, nei mesi scorsi le Cancellerie del continente hanno viaggiato in lungo in largo con l’obiettivo di siglare nuovi accordi di acquisto della materia prima. Si tratta di una strada in salita perché, nello specifico del gas naturale liquefatto, l’Europa è ancora molto indietro rispetto a molti altri paesi. Nel 2021 – secondo le analisi del World LNG Report – Cina e Giappone da soli hanno acquistato la stessa quantità di GNL dell’intera Europa. Pechino da sola ha importato 79 milioni di tonnellate, quando Spagna e Francia si sono fermati a 13 milioni ciascuno, e l’Italia a 6,8 milioni. La guerra ha ribaltato questi equilibri e portato l’Europa in prima fila sul mercato degli acquirenti. Un mercato affollato e costoso dove però non bastano le risorse economiche, servono anche le infrastrutture in grado di gestire l’arrivo del nuovo oro.
Porti e navi, quelle infrastrutture strategiche per il gas naturale liquido
È scaduto il 10 settembre scorso il bando del ministero delle Infrastrutture per realizzare impianti di trattamento di gas naturale, punti di rifornimento nei porti di gas naturale e acquisto di navi per consentire l’attività di bunkeraggio. In tutto 220 milioni di euro, finanziati con le risorse del Fondo Nazionale Complementare, destinati proprio alla realizzazione delle infrastrutture necessarie per gestire il nuovo modello di approvvigionamento energetico. Il bando è solo una delle risposte del governo italiano alla crisi del gas. Snam, la società pubblica che gestisce la rete energetica italiana, ha infatti completato l’acquisto di due navi per la rigassificazione che dovranno entrare in funzione tra il 2023 e il 2024.
Sul fronte dei porti invece i fondi del PNRR prevedono investimenti per 3,8 miliardi di euro, che dovranno essere destinati a rafforzare la sostenibilità, elettrificare le banchine, accrescere le infrastrutture stradali e ferroviarie dell’ultimo miglio. Di questi, quasi 2 miliardi saranno destinati al Sud. Molti sono i porti interessati dagli interventi, tra questi il rafforzamento della diga d’Aosta a Napoli, i banchinamenti del nuovo terminal Ro-ro di Cagliari, il banchinamento del porto di Brindisi. Un capitolo a parte riguarda la diga foranea di Genova, un’opera unica che sarà costruita da un consorzio guidato da Webuild, tra i progetti più importanti del PNRR, che permetterà di trasformare il porto ligure in uno dei principali scali europei. Insieme al resto degli interventi, anche questo contribuirà ad accrescere la capacità infrastrutturale italiana in termini di gestione dei traffici navali, cambiando il paradigma e il ruolo del paese negli scambi continentali. Dalle merci al gas.