Una squadra composta da una manciata di persone. Tutti altamente specializzati, esperti di geotecnica, ingegneria e naturalmente scavo meccanizzato. Il loro compito è mettere a punto le specifiche tecniche, ordinare o rintracciare in giro per il mondo le TBM, le talpe meccaniche chiamate a scavare i grandi tunnel delle opere di Webuild. Ferrovie ad alta velocità, linee metropolitane, autostrade, condotti idraulici: tutto ciò che corre sotto metri e metri di roccia o terra, ai piedi di una montagna o sotto la superficie di un lago.
Mariachiara Di Nauta, 38 anni, una laurea in ingegneria civile e ambientale con specializzazione in geotecnica, è una di loro. Un membro della squadra di esperti che per il Gruppo Webuild costruisce l’identikit della TBM per ogni singolo cantiere, in base alle caratteristiche del progetto e dell’opera che verrà realizzata.
«Noi partiamo dal progetto definitivo – spiega – studiando nel dettaglio la galleria prevista con lo scavo meccanizzato. Quello che facciamo è andare innanzitutto a verificare se, a valle di un accurato studio delle condizioni idrogeologiche che verranno attraversate dal tracciato, la tipologia di TBM prevista dal cliente è quella più adatta e conveniente. Una volta scelta la tipologia della macchina, vengono definite le specifiche tecniche della TBM. Sulla base dello studio delle condizioni idrogeologiche attraversate dal tracciato e delle capacità tecniche definite per la macchina, facciamo poi una valutazione degli avanzamenti in termini di metri/giorno medi che saranno poi di riferimento per la valutazione del programma lavori».
Cosa significa ordinare una TBM. Quanto può costare?
«Il prezzo di una TBM dipende tra l’altro dalle caratteristiche del terreno da scavare e dal diametro del tunnel da realizzare. Le TBM di grandissimo diametro, 13-14 metri, possono raggiungere i 40 milioni di euro, mentre per le TBM impiegate per la realizzazione di un tunnel di metropolitana o ferroviario si parla di 15-20 milioni».
Come funziona il mercato delle TBM?
«Generalmente le TBM vengono acquistate, e di solito con una formula buy back, ovvero il fornitore si ricompra la macchina a fine lavori, a meno che non vogliamo riutilizzarla per altri progetti».
Quante TBM ha in attività il Gruppo Webuild?
«I progetti con impiego di TBM su cui siamo impegnati oggi sono davvero tanti. E nel corso del 2023 e del 2024 il numero di TBM di Webuild al lavoro aumenterà progressivamente superando le 45 unità, numero questo destinato a crescere con i nuovi progetti che nel frattempo verranno acquisiti».
Cosa si prova in galleria, a decine di metri sotto la superficie?
«È complicato capire che cosa si fa effettivamente in galleria. Quando lo racconto, leggo lo stupore sul volto delle persone che mi ascoltano, soprattutto quando poi dico che ho lavorato a 200 metri sottoterra sotto a un lago. Bisogna non soffrire di claustrofobia, perché io entravo nella camera di scavo con i minatori e per me era ok. Io lì sotto mi sono sentita in grado di farcela».
Come è nata la passione per questo lavoro?
«Fino a quasi la fine del mio percorso universitario, in verità, non avevo idea di cosa fare. Poi il mio ultimo corso è stato Gallerie e Grandi opere in sotterraneo e mi sono innamorata follemente di questa materia».
Da quando è entrata in Webuild l’ingegnere Di Nauta ha lavorato ad alcuni dei progetti di scavo meccanizzato più sfidanti al mondo: la costruzione di un tunnel idraulico sotto il Lake Mead, in Nevada, realizzato per portare acqua potabile alla città di Las Vegas. «Un’esperienza unica – ricorda – perché lavoravamo 200 metri sottoterra e sotto il livello del lago». E poi all’Anacostia River Tunnel, un altro tunnel idraulico questa volta realizzato dal Gruppo nella capitale statunitense Washington, D.C. Terminata questa esperienza, Mariachiara Di Nauta è stata selezionata per comporre il gruppo di esperti che sostiene l’ufficio gare nella sezione dedicata allo studio delle TBM. «Seguo tutte le gare e garantisco supporto ai cantieri che prevedono lo scavo meccanizzato», spiega. «Mi assicuro che i progettisti seguano le nostre indicazioni, i nostri standard e quel know how che abbiamo accumulato negli anni grazie a progetti realizzati in tutto il mondo».
Perché le piace così tanto questo lavoro?
«Mi affascina molto vedere che c’è questa macchina che avanza nel terreno e lascia dietro di sé qualcosa di finito. È come se fosse una scatola magica. Lì dentro c’è caos, c’è tanto rumore, eppure lei avanza e magicamente dietro di sé lascia qualcosa di pronto, di stabile, in cui un giorno migliaia di persone potranno transitare… e tu sai come è stato fatto».