John Wesley Powell è stato il primo uomo a navigare con un’imbarcazione il fiume Colorado. Era il 1869 e la sua spedizione nel cuore del Grand Canyon è rimasta nella storia tanto che – quasi cento anni dopo – quando è stata inaugurata la Glen Canyon Dam, l’enorme lago artificiale da 31 chilometri cubici di volume creato dalla diga è stato battezzato con il nome del grande esploratore.
Il Lake Powell è oggi uno dei laghi artificiali più grandi degli Stati Uniti così come la Glen Canyon Dam è una delle dighe più maestose e rappresentative degli sforzi infrastrutturali profusi dal paese nel corso del Novecento per assicurare la presenza di opere strategiche per la tutela dei bisogni essenziali, come in questo caso l’acqua.
La diga è stata infatti inaugura nel 1966 dopo dieci anni di lavori proprio per rispondere alla necessità impellente di una infrastruttura che garantisse una gestione efficiente della risorsa idrica in stati come l’Arizona dove l’acqua è un bene prezioso, sia perché è poca, sia perché è essenziale per lo sviluppo dell’agricoltura e dell’industria.
La prima funzione della diga è proprio quella di distribuire con equità l’acqua negli stati bagnati dal fiume Colorado, quindi il Colorado, il Wyoming, il New Mexico, lo Utah, la California, il Nevada e l’Arizona. Nei periodi di siccità la diga è in grado di ridurre l’acqua agli stati che ne hanno abbastanza e aumentare l’approvvigionamento per quelli che invece ne hanno bisogno fornendo un equilibrio costante a questa risorsa così preziosa.
Proteggersi dal fiume Colorado
Tra il XIX e il XX secolo il fiume Colorado ha creato moltissimi problemi agli stati bagnati dalle sue acque. Non tanto per la siccità, quando piuttosto per le ripetute inondazioni che nascevano proprio dalla potenza di questo fiume. Nel 1904, ad esempio, il fiume ha causato una gravissima inondazione nella Imperial Valley della California alimentando un dibattito pubblico sulla necessità di dar vita a infrastrutture capaci di incanalarne il corso e gestirne la potenza.
Nel 1922 sei stati bagnati dal fiume hanno firmato il Colorado River Compact dividendosi di fatto l’approvvigionamento idrico, mentre nel 1994 è stato firmato un trattato tra Stati Uniti e Messico per sancire una volta per tutte la spartizione dei terreni e delle acque nelle terre di confine.
Proprio in quegli anni cittadini e politici hanno cominciato a interrogarsi sulla posizione ideale per costruire una grande diga che da un lato fosse in grado di evitare le inondazioni e dall’altro assicurasse l’approvvigionamento di acqua anche nei periodi di siccità.
Nel frattempo nel 1936 vengono completati i lavori della Diga di Hoover, costruita nel Black Canyon, un’altra icona delle infrastrutture americane che dà vita al lago Mead, con il suo enorme invaso pari a 39 chilometri cubici.
La diga di Hoover però interveniva solo nella gestione del bacino Sud del Colorado lasciando gli stati del Nord totalmente isolati rispetto ai rischi del fiume. Da qui venne presentato un nuovo progetto: il Colorado River Storage Project, che prevedeva la costruzione di una seconda diga nella zona del Glen Canyon, oltre a un serie di dighe più piccole da realizzare in altri punti strategici lungo il corso del fiume.
Il progetto comprendeva quindi la costruzione della Glen Canyon Dam e più a Sud di altre due dighe, la Marble Canyon e la Bridge Canyon. Dighe che avevano all’interno anche impianti idroelettrici capaci quindi da un lato di produrre energia e dall’altro pompare acqua nelle terre interne dell’Arizona dove altrimenti non sarebbe mai arrivata.
La costruzione di un’opera iconica
Se fosse un libro sarebbe un romanzo d’avventura perché ogni momento della costruzione della Glen Canyon Dam è segnato dalla scommessa e dalla suspance. Già nelle prime fasi della costruzione gli operai si trovarono di fronte un ostacolo quasi insormontabile, il Glen Canyon, profondo 210 metri. Nei primi tempi, per passare con i mezzi da un lato all’altro del canyon dovevano venivano percorsi 362 chilometri, un vero e proprio viaggio. Fu così che una delle opere da realizzare al più presto sarebbe diventato il Glen Canyon Bridge, il ponte considerato da tutti una meraviglia dell’ingegneria perché capace di sorpassare il canyon a un’altezza che supera i 200 metri per una lunghezza di 387 metri. Al momento del suo completamento il Glen Canyon Bridge è stato il ponte più alto degli Stati Uniti e uno dei ponti più alti al mondo, un segnale chiaro dei record che sarebbero arrivati con la costruzione della diga.
Nei momenti di picco al cantiere furono coinvolte oltre 2.500 persone, tutte alloggiate nella città di Page dove venne costruito un vero e proprio villaggio per i lavoratori della diga dotato di chiesa, ristoranti, zone ricreative, campi sporti, negozi. Per la costruzione della diga, invece, furono creati due canali sotterranei per deviare il corso del fiume Colorado prosciugando così momentaneamente il punto del canyon dove avrebbe dovuto sorgere il grande muro.
Il 15 ottobre del 1956 fu il presidente Dwight Eisenhower ad autorizzare un’esplosione di dinamite, primo atto della costruzione dei tunnel, la cui costruzione si concluse nel 1959 e da lì iniziò quella della diga. Il 4 settembre del 1964 l’elettricità prodotta dalla diga fu per la prima volta trasmessa a Phoenix in Arizona e a Farmington, in New Mexico, mentre i lavori veri e propri continuarono ancora per qualche anno e il 22 settembre del 1966 l’opera venne ufficialmente inaugurata.
Da allora e fino a oggi la Glen Canyon Dam è rimasta una delle infrastrutture più incredibili degli Stati Uniti, una prova di forza per un paese che voleva profondamente modernizzarsi e allo stesso tempo uno strumento incredibile di benessere e sicurezza per gli stati bagnati dal Colorado.