Per gli australiani, e in particolare per le nuove generazioni, “siccità” e “inondazioni” sono parole entrate nel lessico quotidiano. Gli stravolgimenti atmosferici che hanno colpito il paese negli ultimi anni hanno infatti obbligato la maggioranza della popolazione a fare i conti con l’acqua, la sua scarsità, i suoi eccessi.
Secondo lo studio elaborato nel 2020 dall’Australian Institute for Disaster Resilience and World Vision, la più ampia consultazione mai condotta sui giovani, i cambiamenti climatici e i loro rischi, oltre il 90% degli intervistati ha avuto a che fare negli ultimi tre anni con un evento atmosferico estremo.
Da un lato le inondazioni dovute alle grandi piogge, dall’altro la mancanza d’acqua e i terribili incendi esplosi per via della siccità, gli australiani sono ormai consapevoli che il clima sta mutando profondamente e che nuove misure per gestire una risorsa così preziosa come l’acqua sono diventate più che mai urgenti.
Le stagioni bagnate di Melbourne
La grande siccità del 2009, quando le riserve di acqua stipate nelle grandi dighe raggiunsero il livello di guardia del 25%, sembra un lontano ricordo per la capitale dello stato di Victoria. Le ultime estati saranno infatti ricordate come tra le più piovose degli ultimi decenni, grazie anche a La Niña, l’evento atmosferico che da diverse stagioni colpisce ormai la costa Est australiana.
Le forti piogge hanno contribuito quindi a riempire i bacini artificiali delle dighe quasi allo stremo. La media infatti è pari al 95% della loro portata complessiva con la Thomson Dam, la più grande risorsa idrica della città, che ha toccato il 98% della sua capacità di carico.
Il dato che sembra positivo in realtà cela un rischio per le grandi infrastrutture: quello del rovesciamento dell’acqua al di fuori dei bacini di contenimento. Un pericolo reale tanto che Melbourne Water, l’Authority cittadina che gestisce l’approvvigionamento delle acque è dovuta intervenire su più fronti. Da un lato ha attivato una serie di bacini secondari per riversare al loro interno le acque in eccesso nei grandi laghi artificiali della Thomson, della Upper Yarra e della Cardinia (tre delle dighe più importanti della regione); dall’altro ha chiesto al governo dello stato di cancellare il resto dell’ordine annuale di acqua che era stato concordato con il Wonthaggi Desalination Plant, l’impianto di dissalazione costruito proprio per far fronte al rischio siccità e inaugurato nel 2017.
In realtà, le piogge stagionali non bastano per mitigare l’effetto prolungato nel tempo della riduzione delle precipitazioni atmosferiche e infatti il governo dello stato ha richiesto comunque ai cittadini di ridurre il loro consumo medio di acqua, portandolo a 150 litri giornalieri per persona rispetto ai 159 attuali, sempre di meno rispetto alla media di 200 litri degli abitanti di Sydney. La stessa Melbourne Water ha ricordato a tutti che, qualora si ripetessero le condizioni atmosferiche che si sono verificate tra il 2006 e il 2009, basterebbero 12 mesi per tornare ai livelli di guardia.
Gli agricoltori del New South Wales in cerca di acqua
Nel New South Wales, lo stato di Sydney, l’acqua a disposizione non è sufficiente a rispondere ai bisogni delle tante attività agricole. Soprattutto nelle regioni occidentali dello stato gli agricoltori lamentano da mesi l’inadeguatezza dell’approvvigionamento idrico e richiedono allo stato di portare avanti con maggiore rapidità il progetto di ampliamento del bacino della Wyangala Dam. Il progetto prevede l’innalzamento del muro di cinta del bacino di altri 10 metri, tanto da permettere al lago artificiale di accrescere la sua portata del 50%.
L’opera, oltre ad ampliare la grandezza del bacino, dovrebbe anche contribuire a mettere in sicurezza la gestione dell’acqua in eccesso che – negli scorsi mesi – ha causato danni ingenti per gli agricoltori. Le inondazioni dell’ultimo anno, derivate dalle pesanti piogge invernali, hanno infatti distrutto il raccolto di molte piantagioni, provocando danni per milioni di dollari.
«Il New South Wales – ha dichiarato a questo proposito alla stampa locale Bev Smiles, la portavoce dell’Inland Rivers Network – ha davvero bisogno di rivedere le sue politiche di gestione delle grandi dighe, sia per rispondere ai bisogni degli individui nei periodi di siccità sia per trovare il modo corretto di gestire la risorsa idrica nei periodi in cui i bacini sono pieni».
L’acqua al servizio dell’energia
Una corretta gestione dell’acqua assicura non solo l’approvvigionamento idrico per le grandi città australiane ma anche quello energetico. Contestualmente agli investimenti per migliorare il funzionamento delle dighe e la loro capacità di stoccaggio, il paese sta infatti investendo su impianti in grado di produrre energia dall’acqua, percorrendo così una via sostenibile per rispondere al bisogno di corrente elettrica. È questo l’obiettivo del mega impianto di Snowy 2.0, attualmente in costruzione nelle Snowy Mountains in New South Wales. Il più grande progetto di energia “green” dell’Australia, realizzato da una joint-venture guidata dal Gruppo Webuild, prevede la costruzione di una stazione energetica sotterranea e di un sistema di tunnel idraulici che metteranno in collegamento due dighe già esistenti.
Quando c’è una sovrapproduzione di energia e di conseguenza la domanda di energia è bassa, l’impianto pompa l’acqua dalla diga più bassa a quella più alta. Al contrario, quando la domanda cresce, la stessa acqua viene spedita verso il basso della valle generando energia. In questo modo, vengono ridotti significativamente gli sbalzi delle forniture energetiche nel paese che si verificano quando la rete eolica e solare non è in grado di rispondere alla richiesta energetica. In numeri, Snowy 2.0 aumenterà la capacità dell’impianto precedente di 2.000 MW assicurando 350.000 MW all’ora di stoccaggio su larga scala, sufficiente per rispondere al fabbisogno di 500.000 abitazioni per oltre una settimana di massima richiesta energetica. Una soluzione per utilizzare l’acqua in modo sostenibile senza mai sprecare una risorsa così preziosa.