Il Lacey M. Murrow Memorial Bridge, con i suoi 6.620 piedi di lunghezza (2 Km) è il secondo ponte galleggiante più lungo del mondo. È un’importante arteria nel traffico di Seattle, nello stato di Washington. Il Murrow Bridge, dal nome del direttore del dipartimento delle strade dell’epoca, è stato aperto nel 1940 e, pur essendo considerato un landmark di Seattle, non spicca certo tra le infrastrutture americane di maggior interesse, né tra quelle dal più alto grado di sicurezza. Anzi. Il ponte, che sorregge la I-90, Interstate, un’arteria stradale chiave della zona, è stato sottoposto negli anni a una serie di manutenzioni e nel 1990 è affondato a causa di una tempesta e di errori umani commessi durante un intervento per migliorarne la stabilità e rimuovere le strutture per il transito dei pedoni.
Oggi, a distanza di 83 anni dalla sua inaugurazione e 33 da quell’incidente, senza vittime perché era chiuso al traffico per riparazioni, il Lacey M. Murrow Memorial torna a far parlare di sé, essendo stato inserito nella lista delle campate a rischio, o considerate in cattive condizioni, da parte dell’American Road & Transportation Builders Association (ARTBA), il cui report è stato appena pubblicato.
Secondo il documento, che si basa sul database National Bridge Inventory del Department of Transportation (DOT), sul totale di 621.510 ponti e viadotti classificati nel 2023 negli Stati Uniti, più di 222.000 campate (pari al 36% del totale) richiedono importanti lavori di riparazione o sostituzione, il cui costo ammonterebbe se affrontato quest’anno a oltre 319 miliardi di dollari, contro i 40 miliardi in cinque anni previsti dal piano infrastrutturale Job Act varato dall’amministrazione americana due anni fa.
Ecco i ponti americani che hanno bisogno degli interventi più urgenti
Oltre al ponte galleggiante di Seattle, nella lista 2023 sono stati inclusi gli attraversamenti IH 345 sulla IH 30 e la US 75 a Dart Rail, in Texas, la Route I-678 sopra la Flushing Bay Promenade di New York, a due passi dal complesso sportivo che ha appena ospitato il grande slam di tennis US Open. Tra i nuovi ingressi nel report vi sono ponti in North e South Carolina, Oregon, Louisiana, California, Puerto Rico. Il ranking negativo spetta allo stato West Virginia, con 20 ponti su 100 in condizioni definite “poor”, che si verificano quando l’impalcato, la struttura inferiore, i piloni o i canali sotterranei presentano carenze strutturali importanti.
Nella classifica “poor” di ARTBA seguono Iowa (19%), South Dakota (17%), Rhode Island e Maine con il 15% ciascuno. Rispetto all’anno scorso si è registrata una riduzione dei ponti in cattive condizioni (560 in meno) e il totale è passato da 42.951 a 42.391. Nel contempo, però, la categoria dei ponti in buona condizione (“good”) è peggiorata, con quasi 1.200 ponti passati nel ranking intermedio (“fair”). Un dato che, secondo l’analisi dell’associazione, indica che ci sono i necessari fondi federali per colmare lacune non gravi, ma molti stati non ne approfittano come potrebbero.
Interventi urgenti: fondi disponibili ma non ancora stanziati
Messe in fila, le 222mila campate superano una lunghezza di 6.100 miglia, pari a un tragitto andata e ritorno da Boston a Los Angeles. Gli Stati americani hanno attualmente accesso a 10,6 miliardi di dollari in fondi della formula prevista nel Job Act chiamata IIJA Bridge (che potrebbero contribuire a effettuare le riparazioni necessarie su queste strutture), con altri 15,9 miliardi nei prossimi tre anni. Con l’avvicinarsi a fine anno fiscale 2023, prevista per il 30 settembre, gli stati hanno impegnato 3,2 miliardi di dollari, ovvero solo il 30% dei fondi disponibili della formula-ponte, per 2.060 diversi progetti di ponti, con 7,4 miliardi di dollari ancora disponibili.
Lo spaccato geografico vede solo otto stati con più di due terzi dei fondi impegnati: Idaho (100%), Georgia (100%), Alabama (97%), Arizona (88%), Indiana (81,5%), Florida (80%), Texas (78%) e Arkansas (68%). Mentre ci sono 31 stati che non raggiungono il 33 per cento.
Le pagelle dell’ARTBA, che raggruppa le principali imprese del settore impegnate nel miglioramento delle infrastrutture per la mobilità negli Stati Uniti, tra le quali la Lane Construction del Gruppo Webuild, al pari delle Report Card assegnate dall’American Society of Civil Engineers (ASCE) costituiscono da sempre una base rilevante per indirizzare gli sforzi degli Stati e dell’amministrazione centrale nelle costruzioni stradali, in termini di ambiente, sicurezza e durabilità.
Il futuro è nella costruzione di nuovi ponti
L’ASCE, nella sua ultima Report Card riferita al 2021, ha rilevato che, mentre i ponti della nazione continuano a invecchiare, l’attenzione si è lentamente spostata verso la costruzione di nuovi ponti piuttosto che optare per il mantenimento di quelli esistenti. La durata di servizio minima è salita da 50 a 75 anni, e le soluzioni tecniche per i ponti – sottolinea il report – prediligono l’utilizzo di “materiali come calcestruzzo ad altissime prestazioni, rinforzi resistenti alla corrosione, acciaio ad alte prestazioni, compositi e rivestimenti migliorati per aumentare la resilienza e aggiungere durabilità, resistenza più elevata e maggiore durata ai ponti”. Inoltre sono sempre più utilizzati “metodi di valutazione non distruttivi e a impatto minimo, mentre nuove tecnologie come la termografia a infrarossi, il radar a penetrazione del terreno e dispositivi di sorveglianza gestiti a distanza come droni volanti e sommergibili vengono implementati per valutare le condizioni dei ponti e per facilitare decisioni ingegneristiche più sicure ed efficienti”. Non da ultimo, si stanno progettando “ponti viventi” in cui i sensori vengono incorporati in strutture nuove ed esistenti per fornire un feedback continuo sulle condizioni strutturali.